Dalla tossicodipendenza alla ludopatia. Al Centro Gulliver di Arpino, grazie al progetto Game Over sono state avviate le attività di contrasto del gioco d’azzardo patologico. Ospite del Centro, accreditato dall’Asl Na2 Nord, c’è Giuseppe giocatore patologico da 20 anni.
Per arrivarci, se è la prima volta, non è affatto semplice. Il Parco dei Pini, ad Arpino una frazione del comune di Casoria, è un agglomerato urbano costruito con i fondi post terremoto del 1980 ma trasformatosi negli anni in una sorta di ghetto. Le case sono dei palazzoni tutti uguali, con ingressi fatiscenti. Qui, in via Pascoli nella canonica della Chiesa che è per lo più una succursale della parrocchia di Casoria, da 25 anni è ubicato il Centro diurno Gulliver per tossicodipendenti.
Ad aspettarci c’è Laura Alighieri, responsabile del Gulliver da cinque anni. Il suo ufficio è pieno di colori ma tra le tende e lo svuotatasche sulla scrivania la sfumatura che prevale è il verde, probabilmente perché secondo la psicologia dei colori rappresenta l’equilibrio e l’armonia tra la mente, il corpo e l’io emotivo. Pochi istanti e arriva Salvatore con il caffè, dopo aver avuto cura di domandare se lo preferissimo dolce o amaro. Nel sud ed in particolare nel Napoletano, il caffè non è solo una bevanda è un benvenuto. Salvatore è al Centro per liberarsi della dipendenza dalla droga. “Il Gulliver – spiega Alighieri- è una struttura accreditata dall’AslNa2 Nord, promossa dalla cooperativa sociale Il Millepiedi onlus, nata nel 1994. E’ un Centro di riabilitazione, l’unico nel suo genere in tutta la provincia ed oramai abbiamo una lunga esperienza nel trattamento delle dipendenze da sostanze”. Le attività sono organizzate in particolari ambiti differenziati per tossicodipendenti soggetti a misure alternative alla detenzione e a quelli in terapia sostitutiva con piani terapeutici individualizzati, gruppi di psicoterapia e di ristrutturazione. “Possiamo accogliere fino a 16 persone con pluridipendenze e da circa un anno – continua la responsabile del Gulliver- abbiamo deciso di aprirci al trattamento dei giocatori d’azzardo patologici, attraverso il progetto Game Over sostenuto da Fondazione CON IL SUD ed uno speciale partenariato che vede insieme terzo settore ed istituzioni sanitarie. Da giugno, al Centro ospitiamo Giuseppe di 45 anni ma la sua età anagrafica non corrisponde alla sua maturità psicologica. In poco più di cinque mesi, stiamo vedendo importanti cambiamenti non solo per lui ma anche per gli altri nostri utenti che hanno in qualche maniera attivato una condivisione della sua presa in carico”.
“Giuseppe, ha un evidente ritardo nel linguaggio ed una patologia psichiatrica che è stata aggravata dalla ipostimolazione riservatagli dalla famiglia che non lo ha mai affidato a dei servizi sociali e sanitari appositi. La sua è per lo più un’alterazione funzionale ed è per questa ragione che siamo lavorando sulle regole e sull’importanza delle relazioni umane. Con i giocatori d’azzardo patologici, l’approccio per quanto abbia tratti simili, deve essere necessariamente diverso rispetto ai dipendenti da sostanza”, spiega Daniela Colucci, psicologa del Centro Gulliver. Nella stanza dove la dottoressa Colucci tiene i colloqui con i pazienti, quel che colpisce subito sono due poltrone blu cobalto poste una difronte all’altra, sotto una finestra, ed è su una delle due che Giuseppe, Peppino per gli amici, si siede con grande naturalezza. E’ minuto di costituzione e a tratti sembra un bambino, capace di entusiasmarsi per una fotografia o per una semplice stretta di mano che percepisce come carezza o una sorta di riconoscimento. E’ un giocatore patologico da 20 anni, ha cominciato giocando 3 euro in una slot machine e ne vinse subito 100.
“Non mi sembrava vero e da allora continuo a mettere soldi nelle macchinette aspettando che ne escono altri. Quel che mi piace è l’attesa”, dice Giuseppe. “Lo so che è sbagliato, me lo hanno spiegato e a volte lo capisco ma andare a giocare è più forte di me”, insiste. L‘adrenalina ed il piacere del rischio misti alla speranza della vittoria è infatti, il meccanismo infernale che si attiva. Al Centro, la mattina, Giuseppe ci arriva accompagnato dal papà l’unico della sua famiglia che riconosce e che tenta di limitarlo nella spesa evitando che possa giocarsi l’intera cifra della pensione di invalidità che gli spetta. Tra gli ospiti del Gulliver, Giuseppe, ha legato con Antonio e quando la Colucci lo nomina, gli occhi del 45enne si illuminano come quelli di un bimbo. “Ci vuole ancora un po’ di tempo ma alla fine credo che ci riuscirò a smettere di giocare, perché comincio a capire che ci sono altre cose più importanti e che mi possono far star bene”, dice alla fine Giuseppe come a formulare una promessa. Quando usciamo dalla stanzetta dei colloqui con la dottoressa Colucci, attraversiamo lo spazio del relax con in mezzo un biliardo e sulle pareti alcune frasi di Frida. Non c’è nessuno però che stia leggendo o tirando di stecca, sono tutti in cucina tra un caffè e le cose da preparare per il pranzo insieme. Ha appena smesso di piovere e un raggio di sole che entra dalla porta, sembra messo lì apposta.
articolo a cura di Tina Cioffo