Per 27 anni, ha lottato contro la sua dipendenza dalla droga senza mai vincere del tutto. Ora, a 43 anni la forza l’ha trovata nella malattia di suo figlio, affetto da autismo. A 16 anni otteneva ogni cosa desiderata ma qualche ‘no’ lo avrebbe forse salvato.
Carmine ha 43 anni, tre figli ed una separazione dalla moglie che vorrebbe evitare. “In realtà non so ancora cosa voglio. Vorrei sicuramente stimarmi e non essere arrivato a questo punto”. A sedici anni è rimasto imprigionato del benessere, delle tante cose che gli sono sempre state accordate senza quasi mai chiedere.
“Mio padre era una persona gentile ma era incapace di porre dei limiti, abbandonandomi alla precarietà e all’improvvisazione. Non aveva mezzi per affrontarmi e mi ha lasciato andare a fondo, quando era vivo e anche ora che è morto. Non sono stato un figlio buono e fino a questo momento non avevo neppure capito cosa volesse dire essere padre, ora però ce la sto mettendo tutta”. Carmine ha cominciato a drogarsi a 16 anni. All’inizio era solo il passatempo delle feste ma poi così come capita nella maggior parte delle volte di quelle feste, la cocaina ne è diventata la padrona. “Senza droga le giornate non andavano avanti, neppure il divertimento poteva esserci senza avere la dose in tasca o già nel corpo. Ogni scusa era buona mentre arretravo nel girone infernale da cui solo ora ne sto uscendo”.
Ha provato a disintossicarsi e per tre anni non ne ha fatto uso, ma non aveva affrontato la parte recondita della dipendenza così come sta facendo ora al Centro Infinito di Acerra, grazie al progetto Game Over sostenuto da Fondazione Con il Sud. “Mi sentivo onnipotente ma la verità è che ero rimasto intrappolato nei miei sedici anni, un bamboccione senza spina dorsale. Sempre alla ricerca di un alibi esterno. Di qualcuno che fosse la causa dei miei mali, delle mie tristezze e dei miei fallimenti”.
A marzo dello scorso anno, la violenta ricaduta. “Ho desiderato di morire ma volevo che fosse la dose di cocaina ad uccidermi. Ogni volta speravo che fosse l’ultima e che mi trovassero senza vita. Vigliacco fino alla fine perché è così che la droga ti trasforma. Ti ruba l’entusiasmo e ti regala la perenne diffidenza, uno stato di agitazione mai soddisfatto”. Carmine sta provando a costruire il suo progetto di vita, imparando piano piano come fare. Per il momento ha accettato un lavoro che anche se non è quello gli piace fare, gli permette di poter star tranquillo e badare ai suoi figli. Uno dei suoi ragazzi ha un disturbo dello spettro autistico. “E’ lui la mia molla, non posso continuare a giocare apaticamente con la mia esistenza”. I passi non saranno semplici ma Carmine ha deciso di salutare l’adolescente viziato e diventare un uomo responsabile.