Per 25 anni, Salvatore è stato un giocatore d’azzardo patologico e aveva 16 anni quando ha cominciato a drogarsi di cocaina. Da 4 mesi affronta un percorso grazie al progetto Game Over al Centro Infinito di Acerra, contro le poli-dipendenze. Conta di aver perso più di 700mila euro e decine di occasioni per cambiar vita. “Con la droga e con il gioco, ho rovinato tutto. Ho distrutto la mia vita e quella di chi mi si è avvicinato”.
Salvatore ha 47 anni e da quattro mesi sta provando a liberarsi dalle sue dipendenze. Ha cominciato con la cocaina ma poi il gioco d’azzardo patologico lo ha ribaltato. E’ un uomo con una spiccata intelligenza imprenditoriale ma decisamente mal riposta. “Ho sempre incasinato tutto nella vita, ho incenerito centinaia di possibilità e soldi ma mi sono sempre rimesso in piedi, reinventandomi”, dice Salvatore e sul suo viso si scorge una punta di narcisistica fierezza presto sostituita dalla tristezza dello sguardo che non riesce a restar calmo. Nella sua esistenza c’è di tutto e dal racconto che ne fa, sembra essere una storia maledetta ma il finale si preannuncia diverso. Dalla dipendenza dalla cocaina provata in un giorno qualsiasi quando aveva 16 anni, in compagnia di due parenti stretti, alle truffe che spesso lo hanno messo in pericolo rasentando e probabilmente anche superando il confine del lecito.
Acceleratissimo in una vita dal ritmo dissoluto e alla ricerca dell’esagerazione. “Da agente di commercio, avevo imparato a riconoscere il punto debole delle persone e a manipolarle. Riuscivo a dir loro esattamente quello che volevano sentire, mi impadronivo della loro fiducia e poi gli chiedevo di aiutarmi con una scusa o l’altra. Avevo continuamente bisogno di contanti ma le mie spese erano emorragie”. Qualche anno fa, cercando ogni tipo di espediente per avere il denaro necessario per soddisfare il suo impulso alla droga e al gioco d’azzardo patologico, ha messo su anche un giro di accompagnatrici di alto bordo. Con una vita al di sopra delle sue possibilità e non solo dal punto di vista economico, lo hanno indotto a raccontare bugie su bugie e le prime erano naturalmente rivolte a se stesso. “La mia compagna lo venne a sapere, si presentò con mio fratello fuori al locale dove mi trovavo. Era delusa e si sentì umiliata dalle mie menzogne. Mi disse che ero un fallito e aveva ragione. Ho fallito ma non ho intenzione di morire”. Salvatore venne lasciato solo nelle festività natalizie, solo senza affetti, senza una casa dignitosa che potesse ospitare amici e parenti. Nessuno lo volle e a cercarlo c’era solo quella gente che gli aveva prestato dei soldi e che li voleva indietro.
All’esterno era brillante e sempre alla ricerca del divertimento ma la verità è che il disturbo da gioco patologico gli ha scavato dentro, divorandolo. In bilico, in un equilibro precario era sull’orlo del precipizio. “Chiesi dei soldi ad un amico e lui me li concesse con la ripromessa di farmi aiutare. Mi stava tendendo una mano e decisi di afferrarla. La sto ancora trattenendo con tutte le mie forze perché voglio farcela, voglio uscirne da questo inferno. Voglio essere normale e vivere sereno”. La serenità, è questa la sua meta. Ha un obiettivo ora e si sente forte. “Ho cambiato casa, non riuscivo più a stare lì dove abitavo. Era un buco senza dignità e ora sto imparando a vivermi nelle mura domestiche, assaporo la tranquillità e riesco a rivedermi”.
a cura di Tina Cioffo